Chi Siamo   Animazione della Parrocchia   La nostra Chiesa   Storia della Parrocchia   Istituto Agosti   Scuola Materna   Contatti                             LOGIN

XXXVIII p.a. C

 

+ Dal Vangelo secondo Luca (Lc 17,11-19)

Lungo il cammino verso Gerusalemme, Gesù attraversava la Samarìa e la Galilea.
Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza e dissero ad alta voce: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!». Appena li vide, Gesù disse loro: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono purificati.
Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano.
Ma Gesù osservò: «Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?». E gli disse: «Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato!».
Parola del Signore

 

Le letture di questa domenica ci parlano di due viaggi intrapresi con la speranza di una guarigione, come capita a tanta gente anche ai nostri giorni. I protagonisti hanno una caratteristica in comune: sono due «stranieri», cioè non appartengono a quel popolo il cui Dio essi invocano e dal quale vengono salvati. Uno è un generale siriano, Naaman, ma era lebbroso.

Nel Vangelo: «Gli vennero incontro dieci lebbrosi e si fermarono a distanza», lontano. E' una malattia fisica la lebbra, ma allora era anche una malattia sociale. I ciechi, gli zoppi, i sordi, i muti, i malati delle numerosissime malattie della terra, potevano trovare accoglienza, cure, premure nelle case, nelle città. Questa malattia invece, la lebbra, provocava una esclusione, una morte civile: fuori dal consorzio umano, religioso e civile. Il lebbroso deve stare fuori, stare a distanza: la lebbra rende impuri, il lebbroso è un contaminato e, a sua volta, contamina: contamina con la sua presenza fisica. Non sono solamente malati nel corpo, ma il loro statuto sociale è di essere “i separati”. Il loro dramma è l’isolamento: non possono neppure più accarezzare un figlio. Sono solo occhi e voce: «Gesù, abbi pietà di noi!»

E appena li vide, dice il Vangelo appena, subito, senza aspettare un secondo di più; troppo a lungo hanno sofferto! — Gesù disse: «Andate a mostrarvi ai sacerdoti», che vi riammettano alla vita piena. «Andate»: come se foste già guariti, anche se ancora non lo vedete. Perché il futuro è già entrato in voi con il primo passo, come un seme; il futuro entra in noi molto prima che accada. Lo stupore nasce dal fatto che il Dio che li guarisce non è chiuso a difendere i privilegi di un popolo selezionato, un Dio «per noi», cioè per gli eletti. Difatti uno era samaritano. Proprio questo torna indietro. E leggiamo tutto quest’incalzare di verbi: vede, si ferma, torna indietro, canta per la strada, si butta a terra, abbraccia i piedi di Gesù, gli grida il suo grazie. Sparita la lebbra, solo il samaritano – il foresto che non t'aspetteresti - ringrazia. Solo uno su dieci! Torna sui suoi passi per stringere una mano, per incrociare uno sguardo, per riaccendere la memoria di una storia che sembrava perduta. Perché dire grazie, dopo tutto, è dire "senza di te sarei ancora lebbroso, Mi hai ridonato dignità, tu ti sei commosso per la mia infermità". Per lui ringraziare non è un dovere, è una necessità.

Il salvato è un samaritano, uno straniero, un extracomunitario, uno da fuori, ma che tornando festante da Gesù riconosce che Gesù è uomo di Dio che sempre vede e capisce il dramma dell’uomo. Si prostra ai suoi piedi e, oltre alla salute, riconosce di aver incontrato Dio che salva. L’eretico (il samaritano) può affidarsi a un Dio che non è legato a un complesso di verità e di regole di culto. Dice grazie, si accorge di essere amato, anche se brutto, con la carne piena di piaghe, ributtante. Il cuore del messaggio: dieci sono guariti, uno è «salvato». E gli altri nove, dove sono? Scomparsi. Gesù ha ridonato la salute a tutti e dieci i lebbrosi senza distinzione e preferenze, una guarigione potente, miracolosa, possibile solo a Dio, una guarigione totale. Gesù ha ridato a queste persone la salute, una pelle fresca e bella come quella di un bambino, ma ha anche riconsegnato loro il diritto di vivere una vita sociale nuova. Non erano più costretti a vivere tra le grotte del deserto, rifiuti umani tra i rifiuti. Vivere impediti di un contatto fisico con la gente, senza una carezza, una stretta di mano, un abbraccio che ti rincuori nei momenti difficili. Gesù quando guarisce non solo da salute, ma anche esistenza, comunità, diritto, bellezza, pace e salvezza. Dieci ne ha guariti Gesù, uno si è salvato.

Tu puoi essere guarito dalla misericordia di Dio, ma è la fede in Lui che ti salva. Se tu decidi di avere con Dio un rapporto amoroso, di gratitudine, non più per paura e bisogno, ma liberamente e per amore, è questo che ti salva e ti cambia la vita. Alzati e va’, la tua fede ti ha salvatoIl samaritano non è salvato perché ringrazia: è salvo perché entra in comunione con il cuore di Dio; è salvo perché passa da Dio come dovere a Dio come desiderio.  La vita cresce non perché compiamo tanti doveri, ma per gesti di amore.

E bello che anche noi, qui, in questa domenica, in questa Eucaristia, tutti noi siamo come quel lebbroso guarito che è tornato dal Signore; anche noi siamo coloro che ritornano, davanti all’altare del Signore per imparare a ringraziare, e per incontrare lui che ci dona se stesso. Non so se darà la salute a chi ne ha bisogno, ma so che darà se stesso, e dandoci se stesso ci dà tutto.  Anche per noi saranno vere, allora, le parole di Gesù: «Alzati e va’; la tua fede ti ha salvato!».

don Guido

 


Belluno (BL) 32100
Piazza San Giovanni Bosco, 18
Tel. 0437 34.815