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XIV DOMENICA p.a. A

 

+ Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 11,25-30)

In quel tempo Gesù disse: 
«Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo.
Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero». Parola del Signore.

 

Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. In questa stagione di grande tribolazione Gesù parla proprio a noi e giunge come Grazia la sua Parola. Sovente, nella Parola di Dio troviamo una costante. Quando Dio ci parla non ci dice: devi fare questo o quello. Non devi fare questo o quello. Ma ci invita alla gioia. “Rallegrati, non lasciarti cadere le braccia, esulta... Rallegrati, Maria…E oggi: «Esulta grandemente, figlia di Sion, giubila, figlia di Gerusalemme! Ecco, a te viene il tuo re”.

Il primo invito del Signore è dunque la gioia, perché Dio è con noi, è per noi. Ma chi è Dio? quel’è il suo volto? La prima lettura ci racconta una piccola, insolita storia e ci fa capire il brano di Vangelo che abbiamo ascoltato. Il profeta narra di un re che, rovesciando totalmente il cerimoniale solenne per l’entrata in città dopo la vittoria, passa tra la gente cavalcando un asino, eliminando ad una ad una tutte le insegne della forza e del potere: i carri da guerra, i cavalli e le armi usate in battaglia. Al loro posto, solo una parola, che riecheggia tra le case della città e giunge all’orecchio di tutti: «pace». Quel re si libera dei simboli e dei mezzi che sono riconosciuti necessari al mantenimento del potere e del prestigio, per assumere un atteggiamento che si manifesta nell’umiltà e nella mitezza, con il rischio di essere preso per un incapace e un debole.

Gesù di Nazaret, «re umile e vittorioso», entra a Gerusalemme cavalcando un’asina, per annunciare «un regno di giustizia e di pace». Noi facciamo fatica a mettere insieme regalità e mitezza, autorità e umiltà, potere e compassione. Ecco come appare il volto di Dio: giusto, vittorioso, umile, Dio di pace, che vuole la pace.                       E poi il salmo completa l’immagine presentando Dio come Benedetto, paziente, misericordioso, ricco di grazia, tenerezza che si espande. 

Nel Vangelo si respira questa presentazione di Dio: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Un figlio che si stupisce di suo papà è una meraviglia: cogliere quell'attimo è appartenere al proprio futuro. È l'infanzia dei Vangeli: la storia della salvezza poggia su stecchini di legno, non su architravi di cemento armato. I piccoli: di essi è pieno il Regno dei cieli, pieno il vangelo. Ed è bellissimo e consolante per tutti noi. Dio ha delle preferenze, non è neutrale: i poveri, come passeri, hanno il nido nella sua mano. I piccoli lo sanno: si può cadere e rialzarsi, obbedire, disobbedire, pensarci. Arrabbiarsi, sbeffeggiare e inaridirsi. Correre, danzare e cantare. Scrivere, scarabocchiare e pensare. Ridere, immaginare e creare. Aprirsi allo stupore che da luce alla vita. Loro sì che avvertono ancora il verde della vallata, l'urto della secchia nel pozzo, il canto del fuoco, il concerto degli uccelli, il tonfo di una pigna che cade, le parole sussurrate di un lamento, lo sguardo in cerca di consolazione, il grido del bimbo, lo splendore del cielo stellato nelle sere d'estate. Cose che non passano mai. Questi sono i piccoli del Vangelo: sono sognatori che non si arrendono mai. E nella storia si costruiscono così i vincitori perché "un vincente è un sognatore che non si arrende mai" (N. Mandela).

Gesù si rivolge alle persone semplici, predilette da Dio: «Prendete il mio giogo sopra di voi, che è dolce e leggero» e «Imparate da me che sono mite e umile di cuore». Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore. Il giogo, nel linguaggio biblico, indicava la legge di Dio. I «dottori della legge» avevano costruito attorno alla legge di Dio una fitta rete di prescrizioni minuziose, delle quali esigevano un’osservanza rigida e scrupolosa. Lui preferisce piccoli, storpi, gobbi, rachitici, malandrine, gente puzzolente. Scrive il mio nome, rigorosamente con la maiuscola, nel cavo della sua mano. Governerà i cuori come si governano i corpi. Lui ha deciso che governerà il mondo con la gioia: «Il mio giogo, infatti, è dolce e il mio peso leggero». A governare con la paura sono capaci tutti. Gesù, purificando e perfezionando la legge, ha insegnato che i comandamenti di Dio sono la strada tracciata da Lui perché l’uomo conservi la sua vita, la sua dignità e la sua libertà. Ha insegnato che Dio non è un tiranno che impone il suo arbitrio, ma il Padre che vuole unicamente la felicità dei suoi figli. Vista così, la legge sacra diventa un «giogo» dolce e leggero.

E troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero. Ristoro dell'esistenza è un cuore mite, senza violenza e senza inganno, una creatura in pace e senza presunzione, che diffonde un senso di ristoro nell'arsura del vivere.

Ora sai

che,

per avventura
e per grazia,
può fiorire
anche il deserto.
(A. Casati)

don Guido

 

 


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