Chi Siamo   Animazione della Parrocchia   La nostra Chiesa   Storia della Parrocchia   Istituto Agosti   Scuola Materna   Contatti                             LOGIN

Una presidenza da esercitare

Fra i vari ministeri c’è ne uno di particolare importanza. Pur essendo tutti con-celebranti, poichè la celebrazione liturgica è azione di tutta la Chiesa ed il popolo cristiano ha diritto e dovere di partecipare attivamente, c’è una persona nell’assemblea che visibilizza Cristo, capo del popolo santo. E’ il ministro ordinato. 

Sacerdote”, “celebrante”, “presidente”: tre termini per designare colui che ha il compito di guidare la celebrazione dell’Eucaristia. Ha la sua importanza usare i termini appropriati. Denominare il ministro “sacerdote” e indicarlo come “colui che dice o canta messa” presuppone una concezione sacrale del prete e una pratica liturgica anteconciliare, quando il prete faceva tutto ed i fedeli si limitavano ad assistere. L’utilizzo del termine “celebrante” sottolinea il ruolo del prete all’interno di un’azione in cui sembra essere solo lui l’attore. Il rinnovamento liturgico conciliare ha insegnato che è tutta l’assemblea che è celebrante. Il ministro ordinato svolge un servizio particolare in essa. 

Il termine “Presidente” significa che è (prae-sedens), colui che siede davanti a tutti, che dirige la preghiera. La sua presenza ha un valore simbolico e teologico fondamentale. Senza presidenza, un’assemblea sarebbe decapitata.     Il sacerdozio ministeriale si presenta come complementare al sacerdozio di tutti i cristiani. Infatti tutti i credenti in Cristo sono chiamati, per il Battesimo, ad esercitare il sacerdozio di Cristo con l’offerta del culto spirituale che comporta il rinnovamento della vita perché questo è il vero culto gradito a Dio (Eb 13,16). Tale vita, vero culto, qualifica i battezzati come “pietre vive per costruire l’edificio spirituale e offrire i sacrifici spirituali graditi a Dio, per mezzo di Gesù Cristo” (1Pt 2,5).

Il sacerdozio dei ministri ordinati è espressione del sacerdozio di Cristo, di cui è segno sacramentale ed è al servizio del sacerdozio dei fedeli, che unifica nell’unità ecclesiale. I due tipi di sacerdozio sono relativo uno all’altro.  Il ministro ordinato rappresenta Cristo, capo del popolo santo. Agisce nel nome del Signore e diviene sua icona. A lui compete presiedere l’assemblea e coordinare tutte le presenze in modo da trasformare l’assemblea in comunità, corpo fatto di tante membra, ognuna con una funzione specifica. 

Egli agisce a nome del Signore. Il suo esprimersi con gesti, silenzi, parole, silenzi, modo di manipolare oggetti deve dire la presenza del Signore Gesù. Il tono di voce né distaccato, né affettato, la gestualità spontanea e non banale, lo sguardo semplice, l’incedere dignitoso e non teatrale devono indurre nei presenti una Presenza, che accoglie, illumina, consola, rassicura, guida, santifica. A lui compete una sapiente regia della celebrazione. 

Ricordiamo le illuminanti parole del Messale Romano: “L'efficacia pastorale della celebrazione aumenta se i testi delle letture, delle orazioni e dei canti corrispondono il meglio possibile alle necessità, alla preparazione spirituale e alle capacità dei partecipanti. Questo si ottiene usando convenientemente quella molteplice facoltà di scelta che sarà descritta più avanti. Nel preparare la Messa il sacerdote tenga presente più il bene spirituale del popolo di Dio che la propria personale inclinazione. Si ricordi anche che la scelta di queste parti si deve fare insieme con i ministri e con coloro che svolgono qualche ufficio nella celebrazione, senza escludere i fedeli in ciò che li riguarda direttamente.”(OGMR 352).

Un ministero da vivere

Il ministro ordinato rende presente la persona di Cristo nella comunità con tutto ciò che fa e dice. Mentre serve gli altri egli stesso partecipa del medesimo dono della salvezza. “Con voi sono cristiano, per voi sono pastore. Se l’essere cristiano è per me motivo di gioia, l’essere pastore è per me motivo di grande responsabilità”. E’ importante per il sacerdote vivere la missione ed il ministero assegnatogli. Sovente comunichiamo più con ciò che siamo che non con quanto diciamo o facciamo.  Anche se il dono di grazia non è legato alla santità del ministro.  Il suo presiedere la comunità deve renderlo artefice di comunione. L’annuncio della Parola deve essere preceduto da un religioso ascolto della stessa e la sua vita dovrebbe divenire Parola. Il donare il pane consacrato è per lui impegno a divenire buon pane per i fratelli…

Un ministero da esercitare

Un importante documento della Chiesa italiana indica in modo essenziale lo stile del Presidente. “Per loro (i ministri ordinati), che in virtù dell'Ordine sacro sono chiamati a esercitare il ministero della presidenza, risuona tuttora l'ammonimento dell'Apostolo: «chi presiede, lo faccia con diligenza». Da ciò deriva loro il dovere di apprendere e di affinare l'arte di presiedere le assemblee liturgiche al fine di renderle vere assemblee celebranti, attivamente partecipi e consapevoli del mistero che si compie. Con opportune monizioni, con il gestire sobrio e appropriato, con la capacita di adattamento alle diverse situazioni, con la saggia utilizzazione delle possibilità di scelta offerte dai libri liturgici, con tutto il proprio atteggiamento pervaso di intima preghiera, spetta in primo luogo a che presiede rendere ogni celebrazione un'esperienza di fede che si comunica, di speranza che si conferma, di carità che si diffonde. La disattenzione per queste esigenze della funzione presidenziale da parte di molti ministri ordinati, anche tra i più giovani, dovrà spingere gli organismi competenti a intensificare gli sforzi, a moltiplicare le iniziative per ridestare in tutti la consapevolezza delle responsabilità e della grazia del proprio ministero in rapporto alla Liturgia”.CEI. COMMISSIONE EPISCOPALE PER LA LITURGIA, Il rinnovamento  liturgico in Italia, n, 7)

La presidenza è l’arte di comunicare all’interno di un quadro rituale, sapendo assumere un determinato stile. Romano Guardini ha affermato: «Solo ciò che è vivente ha stile: il mero cerebralismo, il nudo schema non ne possiede affatto. Stile pertanto è discorso chiaro, movimento misurato, disposizione severamente elaborata dello spazio, degli oggetti, dei colori, dei suoni» (R. GUARDINI, Lo spirito della liturgia, Morcelliana, Brescia)

Affermare che il presiedere è un’arte è come dire che non è un’azione formale, un puro compito da eseguire o da osservare fedelmente; è soprattutto un’azione di tipo poetico, creatrice di senso, trasformatrice di persone e di rapporti. Esige che il presidente si esprima in moda da favorire la partecipazione piena dei fedeli, evitando la sciatteria e la rigida esecuzione di un rito.

Alcune attenzioni 

Alcune indicazioni possono aiutare presidente e assemblea a pregare meglio. 

  • Favorire un clima di preghiera: perciò dare maggiore importanza al silenzio, al raccoglimento in chiesa, sia prima che durante la celebrazione eucaristica, per favorire l’entrare nel clima liturgico di preghiera. Se, prima della colletta, si invita il popolo: «preghiamo», occorre lasciare davvero il tempo per una breve preghiera silenziosa da parte dei fedeli. Ugualmente l’orazione sulle offerte o quella dopo la comunione non sia iniziata mentre i fedeli si alzano e sono distratti da rumori vari di sistemazione. 
  • Predisporre tutto in anticipo, perché l’indecisione, i movimenti improvvisi, l’ansia sono contagiosi e distraenti: il rito, in quanto tale, esige ordine (rito, ritmo, aritmetica provengono dalla stessa radice). E’disdicevole ricercare affannosamente sul libro — all’ultimo momento — le orazioni da recitare, voltando nervosamente le pagine o guardando l’orologio per scegliere il testo più breve. 
  • Non presumere di conoscere i testi: è atto di umiltà e di lealtà nel servizio liturgico leggerseli in anticipo, anche per evitare sorprese sintattiche imbarazzanti e soprattutto per appropriarsi spiritualmente dei contenuti e porgerli in maniera più sentita. In ogni brano, infatti, c’è sempre da evidenziare qualche elemento (un verbo, un sostantivo, un aggettivo...), che ne è come il centro o la chiave interpretativa. 
  • È la persona intera che prega, nella sua totalità di anima e corpo. Ciascuno di noi ha la sua voce, il suo volto, il suo modo di muoversi e di spostarsi. Voce e gestualità sono mezzi espressivi da tenere insieme: braccia allargate ed elevate ma morbide, volto disteso, voce chiara esprimono più adeguatamente la vibrazione interiore e intensificano la preghiera del presidente e dell’assemblea. 
  • Attenzione al modo di leggere un testo. Un presidente sensibile alle regole della comunicazione cura molto la mediazione della voce. I testi non vanno «sciorinati » in fretta né in modo stentato e lento. Attenzione al tono di voce: non sia sempre lo stesso, ma corrisponda alla qualità delle parole e alla concreta situazione celebrativa. Il contenuto esige una modo adeguato di proferire la parola: dire la colletta, proclamare il prefazio, pregare un’invocazione esigono modulare la voce in modo rispettoso del testo concreto. Le parole sacramentali (ad es. «Questo è il mio corpo») richiedono un tono sobrio, quasi oggettivato, come per dire che chi le pronunzia vuol far capire che queste parole non sono sue. La preghiera di lode (ad esempio il prefazio) è più gioiosa e vibrata, ma non enfatica e trionfale; quella di supplica è più implorante, ma sempre serena e fiduciosa, mai agitata. Pronunciare le parole in modo da evitare cadenze stantie o dialettali.
  • Fare uso di testi alternativi: essi sono una ricchezza da sfruttare per pregare meglio e aiutano a evitare di cadere nell’abitudine e nel formalismo, che sono nemici mortali della preghiera. 
  • Una giusta dosatura della voce, una proclamazione adeguata dei testi ne favorisce l’appropriazione da parte dell’assemblea, e aiuta a preparare e provocare una risposta comunitaria più cosciente e concorde, che il presidente deve attendere e rispettare. Perciò egli non può disinteressarsene e, mentre l’assemblea risponde, egli non deve muoversi o girare le pagine o volgere in giro lo sguardo o le mani per controllare, dare ordini e disposizioni. 
  • Infine, e soprattutto, conviene ricordare che nell’azione liturgica è l’anima che conta. Allora i testi si fanno vivi, le parole e i gesti, pur nella loro sobrietà, diventano evocativi e comunicativi. 

L’assemblea, da un insieme di particolari, avverte quasi d’istinto se il suo presidente sta semplicemente dicendo delle formule di preghiera o sta effettivamente pregando. Un presidente cosciente del suo ruolo di guida orante dell’assemblea sa dare anima e gesti, parole e atteggiamenti, caricandoli di interiorità. Allora si avverte che il suo stare all’altare è pervaso da intimo senso di preghiera e la vibrazione della voce risponde alla sua sensibilità di uomo e di pastore. Se il presidente prega così e aiuta a pregare così, la liturgia diventa scuola di preghiera.

Come mettere tutto questo a servizio della presidenza?  Innanzitutto è necessario leggere i prenotando del Messale. Essi contengono la teologia (la realtà che si celebra), la celebrazione (il mistero tradotto in strutture rituali) ed elementi di regia (possibilità di scegliere la formula più adatta all’assemblea concreta). 

È importante conoscersi, sapere se si parla chiaro, come si canta, se il volume della voce è giusto, se si respira correttamente. Personalizzare i gesti e le cose sono presi dalla vita quotidiana: aprire un libro, accendere un cero, spezzare un pane, mangiare, ungere, immergere nell’acqua... Questi gesti e queste cose, assunti nel loro spessore di umanità, vengono sottratti a una logica banale e utilitaristica e investiti di nuovo senso. E da tenere sempre presente una regola d’oro, un principio «La liturgia non dice ciò che fa, ma fa ciò che dice» (Cf C. DUCHESNEAU, Piccolo trattato di animazione liturgica, Gribaudi, Milano 1998, p. 24.)

don Guido Novella

 

 


Belluno (BL) 32100
Piazza San Giovanni Bosco, 18
Tel. 0437 34.815