+ Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 16,12-15)
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso.
Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future.
Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà». Parola del Signore
Un solo Dio in tre Persone. Così preghiamo nella liturgia. I teologi hanno cercato di penetrare questo mistero della nostra fede. Ci aiuta, questa festa a purificare la nostra immagine di Dio. Il punto di partenza è la nostra realtà, come ci ha fatto il Signore e come Lui si rivela a noi. Non capiamo la Trinità (tre persone, unica realtà), ma sentiamo con gioia chi è Lui attraverso le esperienze che facciamo.
Noi non stiamo bene da soli, siamo infelici. Perché cerchiamo sempre l’altro. Facciamo così esperienza che siamo stati fatti a immagine di lui. Dio non solitudine. La sua vita vibra di un infinito movimento d'amore, di reciprocità, scambio, abbraccio. Dio è movimento d'amore. Così noi. Creati non solo ad immagine di Dio, ma ad immagine di un Dio famiglia che ci dice che la nostra natura profonda è la comunione. «Non è bene che l'uomo sia solo» (Gen 2,18). Solitudine è il primo male. Perfino nel cielo: «neanche Dio può stare solo» (Turoldo). Noi siamo perennemente inquieti, insoddisfatti di quello che sappiamo, che facciamo, che siamo. C’è in noi un’eterna e ricorrente voglia di sentirci capiti, amati, capire e accogliere di più gli altri, essere accolti così come siamo, amare tutti, andare d’accordo. E invece... Nel nostro cuore insoddisfatto respiriamo aria di infinito. Ci accorgiamo, pur nel limite, di essere fatti a immagine di Dio. Perché Dio è amore. Cosa ci dice la Parola che abbiamo ascoltato. Per intuire la Trinità tre Parole: la poesia, il cuore riempito, l’ospitalità.
Il libro della Sapienza ci parla del miracolo delle cose, Dio sa il dove nascono gli abissi, traccia l'arco del cielo, che prova la gioia di creare, gode della bellezza delle cose e della compagnia degli uomini. Non il Dio noioso dei nostri trattati, ma il Dio gioioso che moltiplica vita, crea bellezza, armonia e gode compagnia. La poesia del libro dei Proverbi per parlare di Dio.
Quando egli fissava i cieli, io ero là;
quando tracciava un cerchio sull’abisso,
quando condensava le nubi in alto,
quando fissava le sorgenti dell’abisso,
quando stabiliva al mare i suoi limiti,
così che le acque non ne oltrepassassero i confini,
quando disponeva le fondamenta della terra,
io ero con lui come artefice
ed ero la sua delizia ogni giorno:
giocavo davanti a lui in ogni istante,
giocavo sul globo terrestre,
ponendo le mie delizie tra i figli dell’uomo».
Questo è Dio: un Dio che gioca con il globo terrestre, che trova la sua gioia nello stare con noi. La nostra piccola storia, diventa manifestazione umile, ma autentica di Dio. Da quando Dio si è fatto uomo non dobbiamo più cercarlo lontano da noi, ma nella nostra piccola storia guardata con amore, nelle amicizie, nella pazienza, nel perdono, nei sogni, nella speranza, nell’amore. Sentiamo e allora sappiamo che Dio è amore.
Dio che riempie il cuore: «l'amore è stato riversato nei vostri cuori» (2° lettura). Riversato: e parla di grandi acque, di quantità che deborda, di un Dio che non misura, non condizionato dal cuore piccolo dell'uomo, che ci apre al "di più", speranza che non delude. Non si sbaglia allora il nostro cuore a ribellarsi alla sofferenza a desiderare sempre qualcosa di più: più pace, più giustizia, più comunione, più amore ricevuto, dato. E’ la sapienza, lo Spirito di Gesù che alimenta la nostra inquietudine e insoddisfazione, che spinge ad essere sempre di più. Verrà lo Spirito che vi guiderà alla verità tutta intera ci promette Gesù nel Vangelo.
Il libro della Genesi ci riporta un episodio bellissimo della vita di Abramo che ci parla proprio di Dio, Dio-famiglia che visita. C’è una tenda. Siamo nell’ora più calda del giorno Abramo “sedeva all’ingresso… alzò gli occhi e vide che tre uomini stavano in piedi presso di lui”. E’ bella l’immagine della tenda; ma beati noi se, come Abramo, sappiamo stare all’ingresso, se i nostri occhi sono come di chi spia fuori, spia oltre. “Verremo e prenderemo dimora”. Bellissimo! La venuta di Dio è per una ospitalità. E’ una benedizione. Tant’è che ad Abramo viene spontaneo dire: “Non passare oltre fermati dal tuo servo”. Dio entra, Dio si ferma, se sei ospitale, se ti appartiene un cuore ospitale. Ad Abramo proprio, senza saperlo, capitò di ospitare Dio. Nella tenda, tutto si mette in moto, è un correre, è un affrettarsi per organizzare, per far onore all’ospite nel segno dell’eccesso. Ed entrano in tre. C’è quasi uno specchio tra la Trinità e la tenda. Dire “Trinità” è dire il luogo della tenerezza, ebbene anche dire la “tenda” è dire il luogo della tenerezza, il luogo in cui si specchia la tenerezza di Dio, la tenerezza ospitale. “Tornerò a te tra un anno a questa data e allora Sara, tua moglie, avrà un figlio”. Ecco il frutto di una tenda ospitale: è nel segno della nascita, della vita. Forse viviamo tempi tristemente sterili, incapaci di sussulti di grembo. E non ci si accorge di chi passa nell’ora più calda del giorno? Al passaggio di Dio nasce vita. Nasce la bellezza, il cuore si riempie di tenerezza. Amore. Non siamo più soli. Siamo in compagnia di Dio padre, Figlio, Spirito Santo.
La nostra piccola storia, il nostro quotidiano diventerà manifestazione umile, ma autentica di Dio. E allora non ci interesseranno sapere tante cose su Dio, ma importerà di più sentirlo, perché ci accorgeremo di averne fatto esperienza. Lui che sempre ci stupisce e vuole fare bella la nostra vita.