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LA VIA DELLE BEATITUDINI

 

Un grido di gioia,

uno specchio per vedere ciò che siamo già

e ciò che siamo chiamati a far crescere in noi

 

Nella parete di sinistra le quattro figurazioni richiamano i puri di cuore, gli operatori di pace, i miti e i mansueti, i perseguitati per la giustizia.

I puri di cuore - "Non impedite che essi vengono a me... chi non avrà accolto il regno di Dio come un fanciullo non vi entrerà". Il dipinto pone in primo piano il Cristo e i pargoli, tesi in un tenero abbraccio e - defilate, quasi in trepida attesa - una madre con un figlio di pochi mesi in braccio e altra madre con un figlio che muove i primi passi. Una scenografia sem-plice eppur ricca di umanità che induce a riflettere su valori primari quali quelli della famiglia e della funzione dell'infanzia, portatrice di limpidezza spirituale e di innocenza.

 

 

Beati gli operatori di pace - il riferimento di San Matteo rivive nella preghiera e nell'atto contemplativo di Papa Giovanni XXIII, la cui vita e la cui predicazione privilegia l'amore fra gli uomini che dovrebbero superare egoismi e prepotenze. Non più barriere tra le Nazioni, non divisioni e conflitti, non differenziazioni etniche. Le immagini tendono tutte a rendere serena e sgombra da ombre di discordie la scena, nella quale ancora i giovani (un fanciullo e una fanciulla in un tenero abbraccio) portano seco la speranza ed insieme il peso di una umanità migliore, non più afflitta da divisioni e da conflitti. Scena che si ravviva per la presenza emblematica di stemmi, insegne e colombe.

Beati i miti perchè essi possederanno la terra trova riscontro nella presenza di Madre Teresa di Calcutta. Miti sono coloro che piangono a motivo degli errori del mondo e che sperano di eliminarli o almeno di attenuarli. Pur con toni drammatici, vi è un'interpretazione del dolore, inteso come valore catartico e perciò non come negazione, ma come positività. Vi è una sottile vena di discrezione e, perché no, di speranza nella presenza di Madre Teresa e di una consorella, piegata a reggere chi è vinto dalla fame e dalla sofferenza. Vi è altresì la non rinuncia alla vita nella continuità delle generazioni, espressa ancora una volta da immagini di giovani che pare vogliano riporre nel mirabile esempio di Madre Teresa i fili del loro futuro.

Beati i perseguitati per io giustizia, Fiabane ha voluto invece richiamare all'attenzione un personaggio a noi contemporaneo: Mons. Oscar Romero, il cui dramma è rivissuto come testimonianza di un sacrificio, degno di essere consumato per l'affermazione della propria fede e dei propri principi. Un sacrificio che non si risolve in una sconfitta, ma in una esemplificazione di prevalenza del bene sul male, della verità sulla menzogna, bene e verità, espresse nella presenza di un Cristo consolante e di una realtà umana dolente e nel contempo erede di un grande insegnamento.

 

Nella parete di destra le quattro figurazioni - evocanti il cammino della conversione - richiamano le beatitudini riferentisi a coloro che piangono, ai poveri in spirito, ai misericordiosi, agli affamati di giustizia.

Coloro che piangono o gli afflitti vengono rappresentati dai due discepoli di Emmaus che conversano con Cristo, ignorandone l'identità. Parlano della condanna del Maestro, della sua morte e delle loro speranze riposte sull'intervento di Cristo per salvare Israele e delle loro incertezze e delusioni. Nelle immagini emerge la forza della conversazione, che s'incentra sull'inquietudine, nata dal dubbio e dall'incertezza dei viandanti, quasi contrapposta alla tranquillità di Gesù che - guida nel cammino della vita - rinnova le speranze e rinsalda la fede.

 

 

Beati i poveri davanti a Dio e non accumulate tesori sulla terra, ove la ruggine e il tarlo li consumano e dove i ladri li dissotterrano e li rubano; accumulate invece tesori nel cielo hanno come modello interpretativo San Francesco, rappresentato nell'atto in cui si spoglia, rievocante l'interpretazione dantesca, per la quale la povertà diventa "ignota ricchezza" ("o ignota ricchezza, o ben ferace: scalzasi Egidio, scalzasi Silvestro, retro allo sposo sì la sposa piace" ). La scenografia è di grande efficacia specie per il contrasto tra la solenne potestà degli alti prelati e l'umiltà di San Francesco, già spoglio delle sue vesti e sposo della povertà che privata del primo marito, mille e cent'anni e più dispetta e scura fino a costui si stette senza invito

 

Beati i misericordiosi. E’ scelta a modello la parabola del Padre misericordioso.
Nel ritorno del figlio e nell’accoglienza del padre vi è la sintesi di un atto d’amore, nato dal riconoscimento dei propri errori e dalla disponibilità al perdono non viziato da riserve e da condizioni.
Misericordia toto corde che non è solo motivo di riscatto morale per chi è caduto in errore, ma giustificazione e crescita umana per chi l’ha esercitata. Nell’incontro tra padre e figlio vi è il senso non solo della commovente riconciliazione, ma la sottile gioia di un affettuoso rapporto, rinnovato e rinvigorito.

 

Il modello dei Beati gli affamati di giustizia è il ricco Zaccheo. Nel passo di San Luca è considerato peccatore perchè ricco e capo dei pubblicani. Da ciò la sor-presa della gente, non appena è a conoscenza che il Signore si è recato in casa sua. L'episodio evangelico è rappresentato con una viva ricostruzione dell'avve-nimento: una tavola imbandita tra Zaccheo e Cristo in piedi, una donna seduta e - sullo sfondo - un tronco d'albero, sul quale si è arrampicato Zaccheo medesimo. Rivive così la narrazione di San Luca: Egli cercava di vedere chi fosse Gesù, ma non ci riusciva, per-chè era piccolo di statura. Allora corse avanti e salì sopra un sicomoro per vederlo. La scelta di Zaccheo che offre la metà dei suoi beni ai poveri ed è disposto a dare il quadruplo a chi fosse rimasto vittima della sua frode, vuole significare il rifiuto dell'ingiustizia, l'ansia di una svolta che induca a riconoscere la validità del diritto non come difesa dei propri privilegi, ma come osservanza dei propri doveri e come servizio a Dio e al prossimo.

 


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